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Digital transformation: numeri e realtà da conoscere

La digital transformation non è più una scelta, ma una condizione necessaria per restare competitivi.

Non si tratta solo di adottare nuove tecnologie, ma di ripensare interamente processi, modelli organizzativi e cultura aziendale. 

I numeri parlano chiaro: le aziende che investono nel digitale migliorano efficienza, time-to-market ed esperienza cliente. 

Eppure, l’84% delle iniziative digitali fallisce nel lungo periodo, frenate da sistemi obsoleti e carenze di competenze. 

Mentre il mercato globale cresce a ritmi vertiginosi — fino a 8.567 miliardi di dollari entro il 2033 — l’Italia mostra segnali di progresso, ma anche ritardi, soprattutto tra PMI e grandi imprese. 

Come intuibile, l’intelligenza artificiale guida la trasformazione, l’e-commerce avanza e la cybersecurity diventa priorità. 

Perché la digitalizzazione funzioni davvero, dunque, servono investimenti, strategia e formazione.

Vediamo più nel dettaglio questi aspetti.

La trasformazione digitale non è più un’opzione

La digital transformation non è solo un aggiornamento tecnologico, è un cambiamento strutturale di processi, modelli organizzativi e cultura aziendale. 

Le organizzazioni che trascurano questo cambiamento rischiano di perdere efficienza, clienti e quote di mercato.

Si tratta, quindi, di un percorso continuo che va pianificato, gestito e sostenuto nel tempo. 

6 motivi per valutare la digital transformation

Le aziende che investono nel digitale ottengono vantaggi tangibili:

  • il 40% migliora l’efficienza operativa;
  • il 36% accelera il time-to-market;
  • il 35% migliora l’esperienza del cliente;
  • il 58% ottimizza i processi interni.

(Fonte: https://joget.com/digital-transformation-stats-and-facts/)

Tuttavia, l’84% delle iniziative digitali non raggiunge gli obiettivi. I motivi? 

Sistemi legacy, competenze inadeguate, budget mal allocati e resistenza al cambiamento. 

A queste cause si aggiungono spesso una scarsa analisi e progettazione dei prodotti digitali e metodi di gestione antiquati, che non tengono conto della complessità e dinamicità dei progetti IT.

Molte aziende, ad esempio, evitano approcci iterativi e flessibili, preferendo invece modelli statici in cui si cerca di definire tutto da subito, con il rischio di blocchi e inefficienze lungo il percorso.

Anche tra le aziende che inizialmente riescono a ottenere risultati, solo il 12% mantiene i benefici nel lungo periodo, superando la soglia critica dei tre anni. 

Questo perché la digital transformation non è un progetto una tantum, ma un processo evolutivo, che richiede continuità, adattabilità e un forte commitment da parte della leadership. 

Le imprese vincenti costruiscono una cultura digitale interna, investono nella formazione del personale e allineano costantemente tecnologia, strategia e organizzazione.

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Investimenti in forte crescita

Il mercato globale della digital transformation è in piena espansione. 

Le previsioni parlano di:

Solo tra il 2020 e il 2023 si sono spesi oltre 6,8 trilioni di dollari in progetti digitali. 

IDC prevede che entro il 2027 il 70% della spesa ICT globale sarà legata a queste iniziative.

L’IA traina la trasformazione

L’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo sempre più strategico nei percorsi di trasformazione digitale, passando da tecnologia emergente a leva centrale per l’innovazione dei modelli di business

La stima di Gartner – secondo cui entro il 2028 il 33% delle applicazioni aziendali integrerà sistemi di Agentic AI – evidenzia un’accelerazione verso soluzioni sempre più autonome, capaci non solo di eseguire istruzioni ma anche di prendere decisioni e agire proattivamente all’interno dei processi aziendali.

Parallelamente, sta emergendo con forza la figura del “citizen developer” potenziato dall’IA: utenti business, spesso senza background tecnico, che grazie a strumenti low-code/no-code e al supporto dell’intelligenza artificiale riescono a creare applicazioni, automatizzare flussi e contribuire attivamente alla digitalizzazione. 

Questo fenomeno rappresenta una risposta concreta alla cronica carenza di sviluppatori e professionisti IT specializzati, permettendo alle aziende di sbloccare risorse interne e accelerare lo sviluppo di soluzioni digitali.

Non si tratta solo di colmare un gap tecnico, ma di democratizzare l’innovazione, distribuendola a tutti i livelli dell’organizzazione. 

Le imprese che sapranno integrare l’AI nei propri processi e valorizzare queste nuove competenze ibride saranno più agili, più resilienti e più competitive.

 

Italia: segnali di crescita ma anche ritardi

I dati Istat del 2024 mostrano che l’Italia è ancora in ritardo sull’adozione dell’intelligenza artificiale, soprattutto tra le imprese di piccole e medie dimensioni. 

Solo l’8,2% delle aziende italiane con almeno 10 addetti utilizza tecnologie AI, ben al di sotto della media europea del 13,5%. Questo gap evidenzia una fragilità strutturale nel sistema produttivo italiano, dove la diffusione dell’innovazione resta concentrata in una fascia ristretta di realtà più evolute.

Tuttavia, tra le grandi imprese il quadro è più positivo: il 32,5% ha già adottato soluzioni di intelligenza artificiale, segno che le realtà con maggiore capacità organizzativa e budget riescono a cogliere meglio le opportunità del digitale. 

Gli ambiti di applicazione più diffusi sono il marketing (35,7%) e l’amministrazione (28,2%), settori in cui l’IA offre strumenti concreti per analizzare dati, automatizzare attività e migliorare le decisioni.

Un dato incoraggiante riguarda le prospettive future: tra le aziende che già utilizzano l’intelligenza artificiale, il 70% prevede di aumentare gli investimenti nei prossimi due anni

Divari digitali: PMI vs grandi imprese

In Italia le differenze digitali tra PMI e grandi imprese sono marcate:

  • solo l’11,3% delle PMI ha specialisti ICT (vs 74,5% delle grandi);
  • meno della metà delle PMI adotta strumenti per riunioni a distanza (vs 96,3%);
  • solo il 26% delle PMI raggiunge un livello alto di digitalizzazione (vs 83,1% delle grandi aziende).

(Fonte: Istat)

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E-commerce e vendite online in crescita

Nel 2024, il 20,4% delle imprese italiane ha venduto online (contro il 19,1% del 2023). 

Il 14% del fatturato delle PMI attive nell’e-commerce deriva dal digitale; cresce, inoltre, il commercio estero via web: il 51,3% delle PMI italiane ha venduto online fuori dai confini nazionali.

(Fonte: Istat)

Cybersecurity: priorità, ma ancora lacune

Il 32,2% delle aziende italiane adotta almeno sette misure di sicurezza. 

Il 15,8% ha subito attacchi gravi nell’ultimo anno. 

Solo il 23,9% usa crittografia e appena il 12,1% sistemi biometrici. 

Il 53,8% delle imprese prevede investimenti in cybersecurity nel biennio 2025–2026.

(Fonte: Istat)

Cosa serve per far funzionare la digitalizzazione

Per far funzionare davvero la digitalizzazione non bastano strumenti tecnologici: serve un ecosistema favorevole e una visione strategica di lungo termine

Secondo le imprese italiane, i tre fattori più utili per abilitare un percorso digitale efficace sono: 

  • incentivi pubblici (57,8%);
  • formazione interna (38,1%)
  • migliori connessioni e infrastrutture (33,4%)

Questi elementi rappresentano le basi su cui costruire un’adozione sostenibile e diffusa delle tecnologie digitali.

Gli incentivi pubblici, in particolare, giocano un ruolo chiave.  

Accanto questi ultimi, le aziende riconoscono l’importanza della formazione continua del personale e dell’adeguamento delle infrastrutture digitali, come rete e connettività. 

Altri elementi fondamentali includono:

  • una strategia digitale ben definita
  • l’inserimento di nuove figure professionali specializzate;
  • la collaborazione con centri di ricerca e università. (Fonte: Istat)

Solo integrando questi fattori in modo coerente, le imprese potranno ottenere risultati duraturi e scalabili dai propri progetti di trasformazione digitale.

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