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Donne e sviluppo software

E’ indubbio che la tecnologia è un settore prettamente maschile, un settore che lascia ben poco spazio alle donne e alla loro inventiva ma attenzione…se state pensando che sia impossibile trovare sviluppatrici alle prese con smanettamenti informatici…be’, abbiamo una notizia per voi: vi sbagliate di grosso!

Ovvio, al momento, non è possibile ipotizzare una parità con l’altro sesso ma, per lo meno in questo settore, si intravede la luce in fondo al tunner, vale a dire: le donne nell’ambito IT stanno crescendo! Questo specialmente nei paesi in via di sviluppo e negli Stati Uniti. 

E’ chiaro che, trattandosi di un fenomeno portatore di un’ondata di cambiamento, lo stesso non è privo di quei fenomeni di pregiudizio che da sempre caratterizzano la nostra cultura. Permane quel velo di stupore nel vedere le donne in posizioni da sempre individuate, secondo lo stereotipo culturale comune, “da uomo”. 

Ma questo non vale solo per questo settore così, potremmo dire, specifico. Quante donne autiste di autobus o camioniste avete mai incontrato? Se le avete incontrate, ci dispiace deludervi, si tratta di un’eccezione.

Questo però non deve farci dimenticare che i muri si possono abbattere, la cultura si può rivoluzionare e sfidare i pregiudizi è una lotta dura, che ritiene tempo ma stimolante e producente se affrontata con il piglio giusto. 

E’ infatti sempre più noto a tutti come il gender gap rappresenta il modo più intelligente di rendere il posto di lavoro più producente e funzionale.

Cosa si intende con gender gap? In parole povere, si tratta di equilibrare la presenza di uomini e donne sul posto di lavoro. Come, nel dettaglio?

E’ stato stimato che il rapporto ideale è 60/40, dunque in un ambiente lavorativo composto il 60% da uomini e il 40% da donne è dimostrato che è possibile ottenere un’ottima performance lavorativa e migliorare l’equilibrio psicofisico di tutti i dipendenti. 

Insomma, appare evidente che ridurre il proprio ufficio o la propria azienda alla scelta di un unico sesso risulta assai controproducente. Se, per esempio, prendiamo in considerazione alcuni studi sulla psicologia dei sessi, si evince come gli uomini hanno (tendenzialmente) un approccio sul lavoro molto più aggressivo ed istintivo, mentre le donne si distinguono (sempre riferendoci ad una tendenza generale) per un comportamento più riflessivo e ragionato). 

Ora, non vogliamo prendere per oro colato teorie basate sulle differenze psicologiche dei sessi ma se un fondo di verità c’è appare evidente come creare un mix tra due approcci diversi e due tipi di comportamento diverso possa risultare compensativo e più produttivo. 

La diversità in azienda appare dunque (o deve apparire, dal nostro punto di vista) come un valore da cogliere e un mezzo da sfruttare in modo vantaggioso. 

Un mix di skill diversificate può dare il via a risultati più eterogenei, abbattendo il rischio di valutare determinati aspetti lavorativi da un punto di vista limitato. Tutto questo, va da sé, influisce positivamente sulla crescita di un’azienda ed espande il suo background. 

Grazie al confronto aperto e al riconoscimento dei valori che le donne possono apportare in un campo storicamente, da sempre, visto come maschile, è possibile portare innovazione. Pensiamoci bene: se le donne sono sempre state emarginate dal settore, è indubbio che non hanno mai apportato un contributo. Grazie al loro differente stile di lavoro, possono sorgere delle idee innovative.

Inoltre, riprendendo le fila di quanto già affermato, è stato dimostrato come un ambiente di lavoro che si dimostra inclusivo e aperto favorisce il benessere psicofisico dei dipendenti (di tutti i dipendenti) e più positivo sarà il mood delle persone che lavorano in un luogo, maggiore sarà la loro produttività e la loro voglia di lavorare bene in un team coeso. 

Rendendosi conto di fare parte di un team che abbraccia il valore della diversità (e non la rifugge), tutti saranno più inclini ad esprimere le proprie potenzialità, migliorando così la performance generale dell’azienda. 

Un team con differenti background e punti di vista è in grado, inoltre, di raggiungere un bacino più ampio di clienti.

Se tutto questo discorso vi appare troppo poco concreto, lasciamo parlare i fatti. Esistono infatti delle app molto importanti che hanno dato una svolta alla vita di moltissime persone….create appunto da donne! 

Per esempio, Caredose, un’app ideata per l’assunzione e la gestione di medicinali. Software creato da Gauri Angrish, esperta in biotecnologia, che si è resa conto di quanto fosse importante creare una maggiore conoscenza e sensibilità verso il mondo dei farmaci. 

Un altro esempio è PreBuddy, un’app di monitoraggio per la gravidanza che ha spopolato soprattutto in India. Fornisce moltissime informazioni inerenti alla crescita del bambino e alla gestione della gravidanza, in modo da monitorare la situazione autonomamente e in maniera più continuativa (ovviamente senza sostituirsi ai controlli medici). La startup è stata creata da una ingegnera meccanica indiana. La riflessione, a questo punto, sorge spontanea: chi, più di una donna, può raggiungere ed incontrare le necessità di altre donne? Rinunciare al talento femminile significa anche, mettendola giù in termini molto pragmatici, rischiare di perdere una fetta di clienti davvero troppo importante.  

Il riconoscimento della necessità di inclusione femminile in tutti gli ambiti ma, in particolare modo, negli ambiti dai quali le donne sono sempre state escluse è necessario non solo per rivoluzionare culturalmente la società ma, anche, per una scossa alla nostra economia. La creazione di software richiede indiscutibilmente una parte di idealizzazione creativa e la creatività ha bisogno di stimoli, diversità. Senza contare, poi, che risulta necessario abbandonare lo stereotipo che vede le donne come poco inclini alla scienza e alla tecnologia perché i risultati parlano chiaro: l’approccio è differente ma ci sono donne altamente qualificate in grado di fare la differenza…come un uomo, a volte più di un uomo.